Transizione 5.0: una buona opportunità anche per la farmacia

L’accesso al credito d’imposta, che può arrivare fino al 45 per cento degli investimenti effettuati a favore dell’efficientamento energetico e digitale, è possibile fino a fine 2025. Di che si tratta esattamente? Lo abbiamo chiesto al consulente Donato D’Ambrosio di Innovamentis Consulting

L’accesso al credito d’imposta, che può arrivare fino al 45 per cento degli investimenti effettuati a favore dell’efficientamento energetico e digitale, è possibile fino a fine 2025. Di che si tratta esattamente? Lo abbiamo chiesto al consulente Donato D’Ambrosio di Innovamentis Consulting

di Carlo Buonamico

 

Piano Transizione 5.0: anche la farmacia può beneficiarne. È questo, in sintesi, il messaggio importante rivolto ai titolari di farmacia: in qualità di “struttura produttiva operante sul territorio italiano” può accedere al credito di imposta previsto dalla strategia volta a stimolare le imprese che intraprendono il percorso di trasformazione energetica e digitale.

 

12,7 miliardi di euro a disposizione

Ma di cosa si tratta esattamente? Spiega l’ingegner Donato D’Ambrosio, Managing Director di Innovamentis Consulting: «Naturale prosecuzione del Piano Transizione 4.0., Transizione 5.0 prevede che le aziende operanti in Italia, quindi anche le farmacie, abbiano a disposizione una dote complessiva di 12,7 miliardi di euro sotto forma di credito di imposta per gli interventi volti alla transizione energetica e digitale completati tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2025».
In pratica, gli investimenti in beni che contribuiscono a ridurre i consumi energetici della propria attività e a ottimizzare i processi aziendali possono essere recuperati attraverso un credito di imposta in compensazione. «Questi investimenti contemplano beni materiali e immateriali», precisa l’esperto. Come, per esempio, impianti di automazione, impianti di riscaldamento/raffrescamento più performanti ed ecocompatibili, programmi informatici per migliorare il lavoro dell’azienda.

 

Solo per prodotti “4.0”

Facciamo degli esempi per capire meglio. «L’acquisto di software per ottimizzare i processi gestionali della farmacia è un classico caso di bene immateriale che permette di accedere al credito di imposta», dice D’Ambrosio, così come – sul lato dei beni materiali – robot per l’automazione, casse automatiche, vending machine ma anche impianti di etichette elettroniche.
Ma attenzione: non tutti i beni – materiali o immateriali che siano – sono idonei. «Impianti e software, per esempio, devono essere certificati come compatibili con il Piano Transizione 4.0. Solo acquistando i prodotti certificati si potrebbe pensare di accedere al Piano 5.0».
In merito a questo, CGM può essere di aiuto alle farmacie grazie a prodotti già attestati nel Piano Transizione 4.0 e quindi rientranti di diritto nel credito d’imposta previsto dal Piano 5.0. Queste strumentazioni di ultima generazione contribuiscono non solo alla digitalizzazione e automazione dei processi, ma anche al risparmio energetico, nel contesto di un progetto più ampio di ottimizzazione dei consumi, come previsto dal Piano stesso.

 

Ex ante, ex post: tutte le certificazioni necessarie

Acquistare un bene certificato 4.0, infatti, è una condizione necessaria ma non sufficiente per beneficiare del 5.0. Occorrono poi diverse certificazioni da parte di enti notificati. In particolare, la certificazione “ex ante”, da fare prima dell’istallazione di impianti o software, che identifica il possibile miglioramento energetico o di processo. E quella successiva all’istallazione (“ex post”) che certifica che l’impianto o il software 4.0 hanno effettivamente prodotto un significativo miglioramento energetico o di processo. Come riporta il sito del ministero delle Imprese e del Made in Italy, infatti, “ll credito di imposta è riconosciuto a condizione che si realizzi una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3 per cento per la struttura produttiva o, in alternativa, di almeno il 5 per cento del processo interessato dall’investimento”. Infine, occorre una certificazione contabile a cura di un revisore legale che asseveri le spese sostenute per questi interventi.

 

Le figure di riferimento

Precisa il direttore di Innovamentis Consulting: «I soggetti abilitati al rilascio delle certificazioni “ex ante” ed “ex post” sono: esperti in Gestione dell’energia (EGE), certificati da un organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11339; Energy Service Company (ESCo), certificate da un organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11352; ingegneri iscritti nelle sezioni A e B dell’Albo professionale, nonché periti industriali e periti industriali laureati iscritti all’Albo professionale nelle sezioni “Meccanica ed efficienza energetica” e “Impiantistica elettrica ed automazione”, con competenze e comprovata esperienza nell’ambito dell’efficienza energetica dei processi produttivi».

 

Compensare tutto subito o a rate

Ammesso che tutti questi requisiti siano soddisfatti, quanto si può recuperare come credito d’imposta? Chiosa D’Ambrosio: «A seconda del livello di miglioramento raggiunto, valutato e certificato, si può chiedere fino al 45 per cento dell’investimento, da compensare tutto entro il 2025 o in cinque rate di ugual valore nei cinque anni successivi». Oltre a questo, la buona notizia è che le spese per le relazioni “ex ante” ed “ex post”, così come quelle per l’asseverazione, possono essere considerate una “partita di giro”, giacché sono detraibili al 100 per cento.

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